Il libro

Titolo: Rivoglio i miei capelli
Sottotitolo: Diario di un tumore
Autore: Ida Nocito

Casa editrice: Cantagalli
Genere: Letteratura
Collana: Fuori collana
Argomento: Biografia

Formato: cm. 13,5×21
Copertina: morbida
Pagine: 128
Prezzo: euro 13,00

 

“Rivoglio i miei capelli – Diario di un tumore” è un il racconto di una donna che a 40 anni, scopre di avere un tumore al seno; una malattia che in Italia colpisce circa una donna su 10.
Un racconto in prima persona, scritto giorno per giorno che parte dall’orrore della scoperta e passa per la fase del rifiuto, attraversa la rabbia, la paura, il dolore, la vergogna per giungere poi alla serenità, arrivando a considerare il tumore, per certi aspetti, un dono.

“La malattia ha spalancato delle porte dentro di me e ho visto l’infinito che ho dentro; è come se
una luce potente avesse illuminato una stanza buia dandomi la possibilità di vedermi dentro come
non mi sono mai vista.”

Il libro è anche un insieme di suggerimenti per affrontare la patologia che l’autrice sviluppa in corsa vivendo il cancro e nel contempo la testimonianza di una alchimia interiore; la scrittrice sfrutta infatti la malattia, con l’aiuto di una psicoterapeuta, per lavorare su stessa e cambiare, trasformando così un’esperienza negativa in una opportunità.
Sentirsi, rispettarsi e amarsi ogni giorno per non ammalarsi; amarsi a dispetto di una società che
produce stress e ci allontana da noi stessi e da Dio, questo è il messaggio del libro.

Perché questo libro

Il cancro, il tumore maligno, per quanto ricordo dai miei vecchi studi di igiene, anatomia e fisiologia delle superiori, è il risultato di un insieme di cellule danneggiate e “impazzite” che crescono in modo alterato e incontrollato e attaccano le cellule sane. Questa è l’analisi e la descrizione del fenomeno in sé, di come esso si manifesta.
Ma da che cosa è causato?
Sono convinta che il tumore si possa leggere anche come la reazione psico-fisica dell’individuo a un modo di vivere che non rispetta i limiti del corpo e della mente. L’acqua, l’aria, il cibo, per nominare solo i principali fattori ambientali, insieme al ritmo disumano a cui l’uomo si sottopone quotidianamente sono una continua aggressione alla salute. La nostra società impone all’individuo una corsa senza sosta e per assurdo ha trasformato anche il riposo in un bene di consumo: palestre, centri estetici, centri del benessere… per stare bene, per poter ritagliare nelle nostre vite lo spazio e il tempo necessari ad un equilibrio psico-fisico bisogna pagare.

Il cancro dunque può essere visto come la manifestazione fisica del nostro stato interiore, del nostro malessere. Una malattia come il tumore viene considerata come il nemico in sè ma il vero nemico in realtà è lo stile di vita che ha contribuito a generarlo. Quando si scopre di avere un tumore bisogna combatterlo ed eliminarlo lottando a testa alta giorno dopo giorno, dall’inizio alla fine; chi ne è affetto non ha altra scelta. Ma il cancro si sconfigge anche ripristinando proprio quell’equilibrio psico-fisico, la cui alterazione o perdita ne è stata la prima causa.
Raggiungere questo equilibrio implica, andando a ritroso, uno sforzo individuale per imparare a “sentirsi”, ad “ascoltarsi” e dunque a conoscersi. Questo significa anche capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, e cosa il soggetto desidera e vuole veramente; e per contro, cosa non desidera e cosa non vuole. Infine, se una persona si conosce davvero può anche rispettarsi ed amarsi.
Una persona equilibrata è una persona che sta bene con se stessa e con gli altri, che vive bene la vita. Ed è per questo che, a mio avviso, è fondamentale lavorare su più livelli per reimpostare l’esistenza in modo sano. Prima di tutto sul piano fisico, curando l’alimentazione (mangiare meno e meglio) e facendo attività fisica (idealmente quelle più adatte alla singola persona, anche passeggiare o la corsa, attività a costo zero). Sentirsi, rispettarsi, amarsi.
E ancora, è fondamentale recuperare un ritmo sano, più vicino a quelli del corpo e della natura e ricordarsi che siamo parte di essa. Immergersi nella natura è indispensabile: gli alberi, i fiori, il sole, il mare, la montagna, i boschi, sono una fonte straordinaria di energia e di per sé terapeutica. Quotidianamente invece operiamo quasi un “annullamento” del nostro corpo ad esempio quando, grazie all’alta velocità o ad un aereo, raggiungiamo in breve tempo posti lontani. Ma il corpo è “antico” e ha tuttora bisogno di un certo ritmo per svolgere le sue funzioni al meglio; un ritmo che va rispettato.
È importante poi curare il piano psichico facendo, quando è necessario, un percorso di psicoterapia che non è un segno di debolezza ma semmai di forza (gli psicoterapeuti del sistema sanitario nazionale sono alla portata di tutti a livello economico, se non addirittura completamente gratuiti in alcuni casi).

Infine, curare il piano spirituale: l’essere umano non può escludere dalla sua vita la dimensione dello spirito, dimenticarsi che esiste o che è altrettanto reale quanto quella fisica; essa va fortificata attraverso la meditazione o la preghiera (e queste sono attività gratuite). Il tempo per farlo quotidianamente deve essere trovato e si può trovare, basta volerlo e organizzarsi, anche solo un minuto, non ci sono scuse. Agire sui tre livelli è un investimento sulla salute di tempo, denaro ed energia; sul nostro benessere e su quello degli altri, perchè se faccio del bene a me stesso faccio del bene anche all’altro: significa lavorare indirettamente verso il conseguimento del ritmo giusto e del sano equilibrio sociale globale.

Nei paesi sviluppati il cancro è una delle prime cause di morte. In Italia (secondo i dati presentati dall’Associazione italiana registri tumori) vengono diagnosticati 1000 nuovi casi di tumore al giorno; nel 2010 nel nostro paese 2.250.000 persone hanno ricevuto almeno una diagnosi di tumore. A livello mondiale l’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che in meno di vent’anni i casi passeranno dai 14.000.000 del 2012 ai 22.000.000 nel 2030.
Il tumore è come la guerra più spietata, fa troppe vittime e colpisce in modo indiscriminato, non distingue tra sesso, età, religione o ceto sociale; ferisce tutti e può uccidere tutti. Per questo è importante combatterlo con tutte le forze a disposizione.
Chi sopravvive ne esce più forte di prima ma non come un reduce, resta un soldato. Quando invece è il tumore a vincere, intorno ai familiari e agli amici resta soltanto un dolore senza fine. i sia in un caso che nell’altro, però, il cancro può rappresentare, sia per chi ne è colpito che per i suoi familiari, l’occasione per rimettere in discussione abitudini e stili di vita; un’occasione che va saputa riconoscere e che va colta e sfruttata. Rivoglio i miei capelli è il diario della mia esperienza personale con il cancro, condivisa con le tante persone incontrate nel percorso. Questo racconto vuole essere un inno alla lotta, una fonte di forza per affrontare e vincere la malattia. Mi piacerebbe potere essere per gli altri, attraverso quello che ho scritto, come il coach che sul ring incoraggia e sostiene il pugile durante i vari round dell’incontro.

Il libro dà anche suggerimenti concreti, “trucchetti”, per affrontare meglio il tumore e le sue conseguenze nella quotidianità. Soprattutto, vuole essere un incoraggiamento ad assumere un atteggiamento mentale positivo e forte durante la “battaglia”. La malattia e la lotta per sconfiggerla possono essere infatti lo stimolo per un cambiamento necessario, la seconda chance di comnciare da zero, di “rinascere”.
Un’attitudine positiva di tutta la persona nel suo insieme è fondamentale per guarire o per convivere al meglio col male.
Offrendo anche la testimonianza del mio percorso interiore, in cui il cancro diventa occasione per migliorarsi, dimostro che non solo è possibile contemplare la malattia da un’altra prospettiva e trasformarla in qualcosa di positivo, ma anche – è questa la mia consapevolezza, sviluppata in corsa – che col cancro si può convivere con serenità, raggiungendo, attraverso un lavoro interiore ed esteriore, una guarigione dell’anima che è la premessa per quella del corpo.
Se l’ho fatto io, perché l’ho vissuto, significa che anche altri possono farlo. Non voglio certo offrire una speranza di guarigione a buon mercato dal cancro, perchè non ho tale potere e perché la speranza è insita in ognuno di noi e ogni individuo ha il compito di trovare il proprio modo per dare corpo alla sua personale speranza.

Eppure, la guarigione grazie al cielo spesso arriva, sono tante le persone che sconfiggono il cancro definitivamente. Come questo accada, resta per me un mistero, frutto di tante componenti. In queste pagine si insiste molto sull’importanza della prevenzione, di fare controlli regolari, e sul valore del rispetto per se stessi e di una vita condotta all’insegna dell’equilibrio psico-fisico.
Infine, il mio racconto intende restituire all’ammalato di tumore la sua dignità; non ci si deve nascondere o vergognare del tumore (sentimento che ho provato sulla mia pelle), né tantomeno sentire un peso da gestire a livello economico e sociale. La mia esperienza vuole invece incoraggiare gli altri a concedersi la libertà di “essere” anche nella sofferenza, chiamando il cancro per nome, per esempio. Il tumore maligno sembra una “epidemia” e in certi istituti questo è incredibilmente palese, sembrano aeroporti tanto sono grandi, in cui i “viaggiatori” sono i pazienti oncologici.

 

 

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